giovedì 29 novembre 2012

IL MITO DELLA VIOLENZA DI GENERE NELLA SUA PURA FORMA




     "... quando un uomo uccide la propria moglie o convivente, viene brandito come mostro. Quando e' la donna a macchiarsi dello stesso crimine, allora se ne cercano le cause ... " - nota di una criminologa



E' molto ricorrente l'espressione "violenza contro le donne", ne parlano tutti in un coro di condanna, in una unanime retorica strappalacrime: dal cittadino comune (di ogni estrazione sociale, politica e di ogni latitudine e nazionalità) al politico di ogni schieramento, dal Capo dello Stato al capo di qualunque religione, dal Presidente degli Usa al segretario generale dell' ONU, passando trasversalmente per tutte le visioni e ideologie religiose, filosofiche, sociali, politiche: la Donna è Sacra, e soprattutto intrinsecamente vittima e innocente a prescindere.


Insomma, il genere femminile è stato assurto ad una categoria super protetta sulla cui difesa apriori, collettiva e incondizionata pare che tutte le persone, tutti i politici, tutti i capi di stato, tutti i vari capi di religioni, e quant'altro, sempre divisi e in contrasto tra loro, raggiungano una insolita unità e condivisione di pensiero e di intenti (che sia il "Gnocca Power"?).

Questo anche perchè a furia di anni e anni di propaganda femminista, si è convinti dell'esistenza di una cosiddetta "Violenza di Genere", locuzione questa che sta ad insinuare che la violenza sia di appannaggio maschile e rivolta unicamente (o in grossa parte) verso le donne, e che raggiunga livelli così alti e spaventosi da far invocare (e ottenere) mobilitazioni e iniziative internazionali e leggi discriminatorie di genere (le c.d "discriminazioni positive) a salvaguardia di ciò che pare essere diventata una categoria quasi divina e in pericolo di estinzione. Un modo sleale di elaborare le statistiche, ingannevole nel diffondere l'informazione, sessista nell'inquadrare il rapporto fra i sessi, distorto nel concepire il significato della violenza e, quando non distorto, applicato secondo il criterio dei due pesi e due misure, che ha portato a questa spaventosa bufala mondiale della c.d. "Violenza di genere" la quale ha avvelenato moralmente e psicologicamente gran parte della gente e che sta causando una guerra e contrapposizione tra i sessi con conseguente distruzione della famiglia e della società in generale e nella quale le prime vittime, materiali e morali, di questa situazione risultano gli uomini.
Ecco 10 punti in cui si dimostra che la pretesa "violenza di genere" è una menzogna, una criminale menzogna di impatto globale: 
Punto 1 - L'espressione "violenza sulle donne" come parola d'ordine di condanna ha chiaramente un retrogusto sessista e razzista in quanto riduce il concetto di violenza a quella commessa da persone appartenenti al genere maschile contro persone appartenenti al genere femminile, escludendo o comunque minimizzando, quindi, le violenze commesse a parti invertite (femmine contro maschi) e anche quelle che pur subite da donne sono commesse da altre donne. Quindi con questa espressione la violenza non viene condannata in se stessa in quanto la valutazione su di essa viene inquadrata in un' ottica sessista che la rende "cattiva" o meno a seconda del sesso di chi la subisce (femminile) e di chi la usa (maschile). E' "cattiva" se a commetterla è un maschio contro una femmina, è tollerabile o minimizzabile, o addirittura inesistente se a commetterla è una femmina contro un maschio.
Punto 2 - Condannare solo la violenza (vera o presunta) subita dalle donne e conferendo ad essa un connotato di genere (quello maschile) richiama inequivocabilmente una suddivisone manichea dell' umanità in "buoni" e "cattivi" a seconda del sesso: il male che risiede unicamente nel genere maschile, e il bene unicamente in quello femminile.
Punto 3 - Nessuna donna subisce violenza per la sua appartenenza al genere femminile (a parte qualche singolo e isolato caso di qualche serial killer o altro psicopatico simile), come invece spesso può accadere ad una persona appartenente ad una determinata "razza"(violenza razziale), religione(violenza religiosa), fazione politica(violenza politica) e quant'altro. Quei casi di donne che vengono uccise da uomini avvengono nella maggior parte dei casi per motivi di raptus a seguito di un abbandono sentimentale, di ricatti psicologici di lei oppure di ingiustizie subìte in contenziosi post divorzio oppure per gelosia, quando non dovuti a motivi di criminalità comune (rapine, mafia, ecc). Motivazioni queste che non hanno nulla a che vedere con la misoginia o ad una fantomatica-e mai dimostrata-pulsione di "possessività" sulla donna in quanto donna, ma alla folle disperazione per una ingiustizia subìta (vera o presunta che sia). E' da escludere quindi ogni connotazione di genere in questi delitti, per quanto deprecabili e ingiustificabili siano. E anche la violenza sessuale stessa, la quale viene sbandierata dalla propaganda femminista e mediatica come violenza di genere per eccellenza, vedendo vittime anche tra appartenenti al genere maschile (ad esempio gli stupri in carcere, i bambini maschi vittime di pedofilia e di madri psicopatologiche che considerano il loro bambino un oggetto dove riversare frustrazioni) non può essere considerata una violenza di genere, in quanto non è una violenza rivolta solo contro le donne (--->uomini che stuprano altri uomini) nè a senso unico (--->donne che abusano di altri bambini, maschi o femmine).
Aggiungasi inoltre i bambini vittime di violenze materne (specie gli infanticidi) e di quelli vittime di maestre di scuole materne ed elementari, casi questi tutt'altro che rari e che ultimamente stanno incominciando ad essere svelati in tutta la loro cruda realtà e drammaticità. Alla luce di ciò, quindi, appare ridicolo parlare di "violenza di genere", in quanto le donne sono tutt'altro che immuni dall' usare violenze fisiche dirette e se ci particolarizziamo alle violenze sui bambini, le donne non solo non sono meno violente degli uomini, ma - dati alla mano - sono ancor più violente.
 
Punto 4 - A subire violenze e reati di ogni genere sono maggiormente gli appartenenti al genere maschile. Se ci particolarizziamo sugli omicidi, in Occidente, vediamo che per ogni femmina ammazzata, vi sono almeno 3 maschi ammazzati e di ogni 4 morti ammazzati, 3 sono maschi. Stessa cosa si può dire per altri reati (eccetto quelli sessuali, di cui comunque i casi accertati sono veramente pochi rispetto al numero delle altre violenze accertate) e con rapporti ancora più preponderanti a svantaggio maschile. Quindi anche se si vuole identificare la violenza con la "violenza maschile", le prime vittime di tale pretesa "violenza maschile" rimangono comunque i maschi e non le femmine.
Punto 5 - Per commettere una violenza fisica e diretta non occorre necessariamente avere una mole fisica maggiore di quella della vittima, in quanto si può colpire la vittima, e quindi lederla, con un’arma, propria o impropria che sia (ferro da stiro, posate, ecc, come spesso accade nelle violenze domestiche commesse da donne contro mariti e figli) e con effetti maggiori rispetto a quella commessa a "mani nude".
Gli uomini vittime di violenza fisiche femminili, generalmente, rispetto alle donne vittime (vere o presunte) di violenza, sono più restii a denunciare in quanto secondo la mentalità comune essere picchiati da una donna è motivo di vergogna ed espressione di "virilità disonorata" e quelli che denunciano non vengono presi in considerazione o addirittura vengono derisi. Aggiungasi, inoltre, che non pochi uomini si lasciano picchiare da donne senza reagire in quanto ingabbiati e paralizzati dall'onnipresente paradigma sociale e morale secondo cui un uomo non può mai mettere le mani addosso ad una donna, anche a costo di prenderle.
Punto 6 - Per commettere violenza non sempre è necessario esercitarla personalmente e direttamente ma si può benissimo delegarla ad una persona terza. Spesso le donne quando devono commettere violenza su un uomo, la delegano ad un altro uomo (familiare, marito, amante, ecc); un modo questo per "lavarsi le mani" e per meglio sfuggire alla Giustizia, ma che moralmente è molto più ripugnante (in quanto entra in gioco anche la viltà) e infatti per legge il mandante è spesso punito in modo maggiore rispetto all'esecutore. Una variante di questo genere di violenza, è l'uccisione del marito tramite veleno (o altri modi "silenziosi" simili). Metodologia criminale tipicamente femminile questa, che rende estremamente difficile se non impossibile catalogare e registrare la morte della vittima in un omicidio in quanto quando una persona sopra i trenta anni(specie over 40) muore improvvisamente, specie nel sonno, automaticamente si ascrive quella morte ad un infarto o ictus, e quindi non ne conseguono indagini giudiziarie.
In taluni casi, però, in modalità e circostanze assolutamente fortuite sono stati scoperti casi di omicidi contro mariti dovuti ad avvelenamenti, quindi questo fa concludere che certamente il numero di vittime di questa odiosa , vile e abietta forma di omicidio sia molto più elevato rispetto a quello dei casi ufficialmente scoperti. Bene farebbero, quindi, le autorità preposte a predisporre autopsie sulle salme di quegli uomini sposati morti improvvisamente, forse nella maggioranza dei casi verrebbe confermata la morte naturale ma di sicuro si accerterebbero anche omicidi altrimenti non rilevabili.
Punto 7 - La violenza può essere avallata o indotta o stimolata tramite pressioni psicologiche o sentimentali, oppure intrighi, ricatti, ecc. convogliandola quindi dall'aggressore alla vittima. Molti uomini indotti emotivamente dalla loro partner (e talvolta anche ricattati di essere lasciati) commettono violenza su altri uomini, in nome di quella perversa e distorta concezione di "virilità" basata sulla "protezione e sicurezza" e che come è risaputo è una "qualità" richiesta da non poche donne (ecco perchè gli uomini bulli, maneschi e "capo-branco" sono pieni di donne, di sicuro hanno molto più successo con le donne rispetto ad uomini bonari o timidi ma molto più intelligenti). Ogni giorno vi sono migliaia e migliaia di uomini aggrediti da altri maschi sotto gli occhi compiacenti e istiganti delle fidanzate o mogli dell'aggressore, così orgogliose dei loro "cavalieri" che agiscono da capi branco. Come si vede, molte donne non hanno paura affatto di avere fidanzati o mariti violenti, anzi ne sono orgogliose spesso avallando e istigando le loro violenze contro altri uomini a patto però che non mettano le mani anche su di loro. Ciò non sminuisce, ovviamente, la responsabilità degli aggressori uomini in questa tipologia di violenza, però mette in evidenza una altra violenza che c'è dietro, cioè la violenza istigatrice.
Le donne, sempre pronte a usare il luogo comune "dietro un grande uomo, c'è una grande donna" per sminuire i meriti maschili appropriandosene slealmente, mai una volta si chiedono se è il caso di dire anche "dietro un uomo violento, c'è una donna violenta", perchè sarebbe troppo scomodo per la propaganda femminista, ma in taluni casi le violenze di uomini contro altri uomini avvengono secondo questa dinamica.. Esempi estremi sono di quei sovrani o capi di stato che pur non essendo stati crudeli, sono passati alla storia come crudeli in quanto manovrati da dietro le quinte dalle loro mogli, loro, sì, veramente crudeli. Si potrebbe citare il re Luigi XVI di Francia (manipolo di sua moglie Maria Antonietta), solo per fare un esempio.
Punto 8 - Non esiste solo la violenza fisica e tangibibile, penalmente perseguibile, diretta o indiretta che sia. La violenza è anche e soprattutto quella psicologica, sentimentale e morale che in quanto più subdola e meno tangibile si nota di meno e penalmente non è perseguita ma che spesso è molto più devastante della violenza fisica in quanto cagiona ferite interiori ed esistenziali talora difficilmente riemarginabili e che come tali possono distruggere una vita o comunque comprometterla gravemente nella qualità. Far soffrire una persona facendo del male ai suoi sentimenti, è la più classica, feroce e diffusa delle violenza psicologiche. In questi casi non si può addurre la maggiore fisicità maschile rispetto a quella femminile come scusa per monopolizzare le vittime di violenza al genere femminile, e quindi su questo genere di violenze le donne non sono carnefici da meno rispetto agli uomini, anzi lo sono di più. Spesso quando si fa presente questo aspetto della violenza psicologica, molte donne obiettano affermando che un conto è subire la cattiveria di una persona un altro conto è la violenza fisica e che a loro avviso subirebbero solo le donne.
Eppure le tante "statistiche" sulla violenza contro le donne comprendono anche una pretesa "violenza psicologica" (e che quindi contribuiscono notevolmente ad accresce le cifre), quindi se anche la violenza psicologica rientra nelle forme di violenze che le suddette "indagini" inseriscono nelle loro statistiche, allora ciò, per coerenza, dovrebbe valere anche per le violenze psicologiche che gli uomini subiscono dalle donne, ma come si sa, usare due pesi e due misure contraddistingue la propaganda femminista e l'atteggiamento di non poche donne quando devono esaltare il loro genere a discapito di quello maschile.
Se, poi, addirittura anche una semplice critica al modo di vestire o di cucinare rivolta da un uomo verso la moglie o la fidanzata viene catalogata da queste "ricerche" (in primis quella famosa dell' commissionata dal "Ministero delle Pari Opportunità" all'Istat) come "violenza" (psicologica), allora con questo criterio, gli uomini risultano le prime vittime di violenza psicologica in quanto le donne criticano gli uomini molto di più di quanto succede a parti invertite, e inoltre se aggiungiamo la tragica situazione dei padri separati (abbandonati dalle loro mogli spesso per motivi pretestuosi e defraudati di casa e averi, e molto spesso preclusi dalle ex di poter vedere i loro figli e talora rimanendo vittime di false accuse strumentali da parte delle ex mogli) la quale situazione ben si configura a tutti gli effetti come violenza psicologica e morale, abbiamo una riprova di come le maggiori vittime di questa tipologia di violenza siano gli uomini. Tra le vittime di violenza vanno aggiunte, quindi, anche le vittime di depressione o suicidio a seguito di una forte ingiustizia subita.

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