venerdì 30 novembre 2012

ERIN PIZZEY: LA VIOLENZA NON HA SESSO


Pizzey e’stata minacciata di morte e soggetta a boicottaggi in seguito alla sua conclusione che "..molte violenze domestiche sono reciproche e che le donne sono capaci di violenze tanto quanto l’uomo.."

Erin Patria Margaret Pizzey (nata il 19 Febbraio del 1939) e’ un’attivista di famiglia inglese ed una scrittrice di successo. E’ diventata famosa a livello internazionale dopo aver fondato il primo rifugio per le donne della civilta’ moderna – Aiuto per le Donne di Chiswick – nel 1971, organizzazione oggi sotto il nome di Refuge. Pizzey e’ stata minacciata di morte e soggetta a boicottaggi in seguito alla sua conclusione che molte violenze domestiche sono reciproche e che le donne sono capaci di violenze tanto quanto l’uomo.

VITA

E. Pizzey nasce a Tsingtao (ora Quigdao) in China nel 1939. Suo padre era un diplomatico e uno di 17 figli proveniente da una famiglia povera irlandese. La famiglia si trasferisce a Shanghai dove viene catturata dall’Armata Giapponese nel 1942 durante la guerra e scambiata con prigionieri di guerra giapponesi.
 
Pizzey fonda il primo centro assistenza per le donne a Belmont Terrace in Chiswick ad Ovest di Londra dove alle donne abusate viene offerto loro te’, compassione e un alloggio per loro ed i bambini. Pizzey piu’ tardi apre un ulteriore numero di centri nonostante l’ostilita’ delle autorita’. A quei tempi, la sua determinazione ed il suo lavoro da pioniere degli auti alle donne era altamente apprezzato. Nel 1975 il parlamentare Jack Ashley ha dichiarato alla Camera dei Deputati “il lavoro di Pizzey e’ stato un lavoro di primo grado. E’ stata lei ad individuare il problema per prima, ad essere stata anche la prima a riconoscere la serieta’ della situazione e la prima a fondare un centro aiuto donne a Chiswick. Grazie al risultato di questo lavoro pionieristico, l’intera nazione ora apprezza il significato del problema”.
Pizzey afferma che tante militanti femministe – con la collusione delle prominenti donne del partito laburista -  hanno deviato la causa manipolizzandola per demonizzare gli uomini, non solo nel Regno Unito, ma anche internazionalmente. A seguito di cio’, la richiesta di aiuto di donne vittime di violenza domestica aumento’ e presto fu creato un fondo pubblico. Oggi, il movimento e’ stato rinominato Women’s Aid e raccoglie milioni di sterline all’anno da fonti diverse, la prima delle quali e’ lo Stato. Pizzey si e’ lamentata che il movimento che ha fondato ha progressivamento cambiato da personale a politico.
Subito dopo la fondazione del suo primo centro rifugio per le donne, Pizzey si e’ resa conto che la violenza domestica era reciproca con entrambi i partner ad abusarsi reciprocamente piu’ o meno allo stesso modo. A tale conclusione e’ giunta facendo domande dirette alle donne nel suo centro riguardo la violenza subita concludendo che molte donne erano ugualmente violente o anche di piu’ rispetto ai loro mariti. In una sua ricerca intitolata “Studio comparativo sulle donne picchiate e donne inclini alla violenza” (co-ricercatore Dr. John Gayford dell’Ospedale di Warlingham), Pizzey fa distinzione tra “donne genuinamente picchiate” e “donne inclini alla violenza” con quest’ultima definita come “vittima involontaria della propria violenza”. Questo studio riporta che il 62% della popolazione viene descritta come “incline alla violenza”. Scoperte simili nella reciprocita’ della violenza domestica sono state confermate in studi successivi.
Nel libro “Prone alla Violenza”, Pizzey afferma che molte donne che si rivolgono ai centri avevano una personalita’ che ricercava relazioni di abuso. Pizzey descrive tale comportamento come abuso-dipendente e dichiara che livelli alti di ormoni e neurostamine associati a traumi persistenti nell’infanzia, portano ad adulti che continuamente si imbattono in violenti litigi con il partner nonostante i costi finanziari, legali, emozionali e fisici nel tentativo di simulare l’impatto emozionale di esperienze traumatiche durante l’infanzia.
Il libro contiene diverse storie di famiglie turbate assieme ad una discussione sulle ragioni per cui i centri moderni di cura statali sono la maggior parte inefficienti.
Pizzey afferma che e’ stato dopo le minacce di morte dirette a lei ed ai nipoti ed all’uccisione del suo cane, azioni perpetrate da femministe militanti, le ragioni per cui ha lasciato l’Inghilterra per il Nord America. E’ poi ritornata a Londra negli anni ‘90 dove i suoi consigli erano richiesti dai politici e dai gruppi di famiglie.
Pizzey e’ ancora al lavoro per aiutare le vittime di violenza domestica ed e’ la presidente della Mankind Initiative.
Nel 2009, Pizzey ha vinto una causa contro Macmillan Publishers riguardo il contenuto del libro di A. Marr “Storia dell’Inghilterra moderna”. La pubblicazione aveva erroneamente ritenuto che Pizzey avesse fatto parte della milizia “The Angry Brigade” che aveva fatto attentati dinamitardi negli anni ’70. L’editore ha ritirato e distrutto la versione offensiva del libro e lo ha ristampato senza l’errore. La connessione con Angry Brigade era stata fatta nel 2001 durante una intervista a The Guardian in cui l’articolo diceva che Pizzey era stata cacciata dal movimento femminista dopo la minaccia di informare la polizia riguardo un’attentato pianifiato dall’Angry Brigade al negozio di vestiti Biba. “Ho detto loro che se facevano cio’ (n.d.r. far saltare in aria Biba, il mitico magazzino a Kensington) avrei informato la polizia perche’ non era cio’ in cui credevo”.
Pizzey ha sposato Jack Pizzey, luogotenente navale, quando aveva 20 anni e lo aveva incontrato la prima volta ad Hong Kong. La coppia ha avuto 2 figli ed ora lei vive a Sud di Londra. Le e’ stato diagnosticato il cancro nel 2000.
Nel 2000, Keita Craig – nipote di Pizzey e malata di schizofrenia – si suicida in una cella in prigione.
Pizzey e la sua famiglia erano contrari al verdetto del medico legale di “morte per impiccagione” e nel 2001 una giuria nella seconda inchiesta ha dichiarato all’unanimita’ che alla morte avevano contribuito i secondini della prigione per negligenza di fronte ad un caso di suicidio annunciato. 

LIBRI

Storie Vere

  • Scream Quietly or the Neighbours Will Hear
  • Infernal Child (an early memoir)
  • Sluts' Cookbook
  • Erin Pizzey Collects
  • Prone to violence ISBN 0-600-20551-7 Out of print
  • Wild Child
  • The Emotional Terrorist and The Violence-prone ISBN 0-88970-103-2

Fiction


  • The Watershed
  • In the Shadow of the Castle
  • The Pleasure Palace (in manuscript)
  • First Lady
  • Counsul General’s Daughter
  • The Snow Leopard of Shanghai
  • Other Lovers
  • Swimming with Dolphins
  • For the Love of a Stranger
  • Kisses
  • The Wicked World of Women
  • The Fame Game (work in progress)
  • The Lifestyle of an International Best selling Author

Premi


  • International Order of Volunteers For Peace, Diploma Of Honour (Italy) 1981.
  • Nancy Astor Award for Journalism 1983.
  • World Congress of Victimology (San Francisco) 1987 - Distinguished Leadership Award.
  • St. Valentino Palma d’Oro International Award for Literature, 14 February 1994, Italy.

Vedi anche



Riferimenti


1.       ^ a b "35 years of Refuge". Refuge. 2009. Archived from the original on 4 January 2010. http://www.webcitation.org/5mXlJ2XBi. Retrieved 7 July 2011.
2.       ^ Haven House in California was founded in 1964, seven years earlier than Pizzey's shelter (see About Haven House).
3.       ^ Rappaport, Helen (2001). "Pizzey, Erin (1939— ) United Kingdom". Encyclopedia of women social reformers. 1. Santa Barbara, CA: ABC-CLIO. p. 549. ISBN 978-1-57607-101-4. "In 1972 the center was visited by U.S. feminists, who set up similar ventures in the United States..."
10.   ^ Fiebert, Martin S. References Examining Assaults by Women on Their Spouses or Male Partners: An Annotated Bibliography. First published in Sexuality and Culture, 1997, 1, 273-286; updated May 2009
11.   ^ Malcolm J. George of the Department of Physiology, Queen Mary and Westfield College, London, United Kingdom.Riding the Donkey Backwards: Men as the Unacceptable Victims of Marital Violence
15.   ^ "Campaigner accepts libel damages". BBC.co.uk. 1 April 2009. http://news.bbc.co.uk/1/hi/uk/7976546.stm. Retrieved 1 April 2009.

Link esterni


giovedì 29 novembre 2012

IL MITO DELLA VIOLENZA DI GENERE NELLA SUA PURA FORMA




     "... quando un uomo uccide la propria moglie o convivente, viene brandito come mostro. Quando e' la donna a macchiarsi dello stesso crimine, allora se ne cercano le cause ... " - nota di una criminologa



E' molto ricorrente l'espressione "violenza contro le donne", ne parlano tutti in un coro di condanna, in una unanime retorica strappalacrime: dal cittadino comune (di ogni estrazione sociale, politica e di ogni latitudine e nazionalità) al politico di ogni schieramento, dal Capo dello Stato al capo di qualunque religione, dal Presidente degli Usa al segretario generale dell' ONU, passando trasversalmente per tutte le visioni e ideologie religiose, filosofiche, sociali, politiche: la Donna è Sacra, e soprattutto intrinsecamente vittima e innocente a prescindere.


Insomma, il genere femminile è stato assurto ad una categoria super protetta sulla cui difesa apriori, collettiva e incondizionata pare che tutte le persone, tutti i politici, tutti i capi di stato, tutti i vari capi di religioni, e quant'altro, sempre divisi e in contrasto tra loro, raggiungano una insolita unità e condivisione di pensiero e di intenti (che sia il "Gnocca Power"?).

Questo anche perchè a furia di anni e anni di propaganda femminista, si è convinti dell'esistenza di una cosiddetta "Violenza di Genere", locuzione questa che sta ad insinuare che la violenza sia di appannaggio maschile e rivolta unicamente (o in grossa parte) verso le donne, e che raggiunga livelli così alti e spaventosi da far invocare (e ottenere) mobilitazioni e iniziative internazionali e leggi discriminatorie di genere (le c.d "discriminazioni positive) a salvaguardia di ciò che pare essere diventata una categoria quasi divina e in pericolo di estinzione. Un modo sleale di elaborare le statistiche, ingannevole nel diffondere l'informazione, sessista nell'inquadrare il rapporto fra i sessi, distorto nel concepire il significato della violenza e, quando non distorto, applicato secondo il criterio dei due pesi e due misure, che ha portato a questa spaventosa bufala mondiale della c.d. "Violenza di genere" la quale ha avvelenato moralmente e psicologicamente gran parte della gente e che sta causando una guerra e contrapposizione tra i sessi con conseguente distruzione della famiglia e della società in generale e nella quale le prime vittime, materiali e morali, di questa situazione risultano gli uomini.
Ecco 10 punti in cui si dimostra che la pretesa "violenza di genere" è una menzogna, una criminale menzogna di impatto globale: 
Punto 1 - L'espressione "violenza sulle donne" come parola d'ordine di condanna ha chiaramente un retrogusto sessista e razzista in quanto riduce il concetto di violenza a quella commessa da persone appartenenti al genere maschile contro persone appartenenti al genere femminile, escludendo o comunque minimizzando, quindi, le violenze commesse a parti invertite (femmine contro maschi) e anche quelle che pur subite da donne sono commesse da altre donne. Quindi con questa espressione la violenza non viene condannata in se stessa in quanto la valutazione su di essa viene inquadrata in un' ottica sessista che la rende "cattiva" o meno a seconda del sesso di chi la subisce (femminile) e di chi la usa (maschile). E' "cattiva" se a commetterla è un maschio contro una femmina, è tollerabile o minimizzabile, o addirittura inesistente se a commetterla è una femmina contro un maschio.
Punto 2 - Condannare solo la violenza (vera o presunta) subita dalle donne e conferendo ad essa un connotato di genere (quello maschile) richiama inequivocabilmente una suddivisone manichea dell' umanità in "buoni" e "cattivi" a seconda del sesso: il male che risiede unicamente nel genere maschile, e il bene unicamente in quello femminile.
Punto 3 - Nessuna donna subisce violenza per la sua appartenenza al genere femminile (a parte qualche singolo e isolato caso di qualche serial killer o altro psicopatico simile), come invece spesso può accadere ad una persona appartenente ad una determinata "razza"(violenza razziale), religione(violenza religiosa), fazione politica(violenza politica) e quant'altro. Quei casi di donne che vengono uccise da uomini avvengono nella maggior parte dei casi per motivi di raptus a seguito di un abbandono sentimentale, di ricatti psicologici di lei oppure di ingiustizie subìte in contenziosi post divorzio oppure per gelosia, quando non dovuti a motivi di criminalità comune (rapine, mafia, ecc). Motivazioni queste che non hanno nulla a che vedere con la misoginia o ad una fantomatica-e mai dimostrata-pulsione di "possessività" sulla donna in quanto donna, ma alla folle disperazione per una ingiustizia subìta (vera o presunta che sia). E' da escludere quindi ogni connotazione di genere in questi delitti, per quanto deprecabili e ingiustificabili siano. E anche la violenza sessuale stessa, la quale viene sbandierata dalla propaganda femminista e mediatica come violenza di genere per eccellenza, vedendo vittime anche tra appartenenti al genere maschile (ad esempio gli stupri in carcere, i bambini maschi vittime di pedofilia e di madri psicopatologiche che considerano il loro bambino un oggetto dove riversare frustrazioni) non può essere considerata una violenza di genere, in quanto non è una violenza rivolta solo contro le donne (--->uomini che stuprano altri uomini) nè a senso unico (--->donne che abusano di altri bambini, maschi o femmine).
Aggiungasi inoltre i bambini vittime di violenze materne (specie gli infanticidi) e di quelli vittime di maestre di scuole materne ed elementari, casi questi tutt'altro che rari e che ultimamente stanno incominciando ad essere svelati in tutta la loro cruda realtà e drammaticità. Alla luce di ciò, quindi, appare ridicolo parlare di "violenza di genere", in quanto le donne sono tutt'altro che immuni dall' usare violenze fisiche dirette e se ci particolarizziamo alle violenze sui bambini, le donne non solo non sono meno violente degli uomini, ma - dati alla mano - sono ancor più violente.
 
Punto 4 - A subire violenze e reati di ogni genere sono maggiormente gli appartenenti al genere maschile. Se ci particolarizziamo sugli omicidi, in Occidente, vediamo che per ogni femmina ammazzata, vi sono almeno 3 maschi ammazzati e di ogni 4 morti ammazzati, 3 sono maschi. Stessa cosa si può dire per altri reati (eccetto quelli sessuali, di cui comunque i casi accertati sono veramente pochi rispetto al numero delle altre violenze accertate) e con rapporti ancora più preponderanti a svantaggio maschile. Quindi anche se si vuole identificare la violenza con la "violenza maschile", le prime vittime di tale pretesa "violenza maschile" rimangono comunque i maschi e non le femmine.
Punto 5 - Per commettere una violenza fisica e diretta non occorre necessariamente avere una mole fisica maggiore di quella della vittima, in quanto si può colpire la vittima, e quindi lederla, con un’arma, propria o impropria che sia (ferro da stiro, posate, ecc, come spesso accade nelle violenze domestiche commesse da donne contro mariti e figli) e con effetti maggiori rispetto a quella commessa a "mani nude".
Gli uomini vittime di violenza fisiche femminili, generalmente, rispetto alle donne vittime (vere o presunte) di violenza, sono più restii a denunciare in quanto secondo la mentalità comune essere picchiati da una donna è motivo di vergogna ed espressione di "virilità disonorata" e quelli che denunciano non vengono presi in considerazione o addirittura vengono derisi. Aggiungasi, inoltre, che non pochi uomini si lasciano picchiare da donne senza reagire in quanto ingabbiati e paralizzati dall'onnipresente paradigma sociale e morale secondo cui un uomo non può mai mettere le mani addosso ad una donna, anche a costo di prenderle.
Punto 6 - Per commettere violenza non sempre è necessario esercitarla personalmente e direttamente ma si può benissimo delegarla ad una persona terza. Spesso le donne quando devono commettere violenza su un uomo, la delegano ad un altro uomo (familiare, marito, amante, ecc); un modo questo per "lavarsi le mani" e per meglio sfuggire alla Giustizia, ma che moralmente è molto più ripugnante (in quanto entra in gioco anche la viltà) e infatti per legge il mandante è spesso punito in modo maggiore rispetto all'esecutore. Una variante di questo genere di violenza, è l'uccisione del marito tramite veleno (o altri modi "silenziosi" simili). Metodologia criminale tipicamente femminile questa, che rende estremamente difficile se non impossibile catalogare e registrare la morte della vittima in un omicidio in quanto quando una persona sopra i trenta anni(specie over 40) muore improvvisamente, specie nel sonno, automaticamente si ascrive quella morte ad un infarto o ictus, e quindi non ne conseguono indagini giudiziarie.
In taluni casi, però, in modalità e circostanze assolutamente fortuite sono stati scoperti casi di omicidi contro mariti dovuti ad avvelenamenti, quindi questo fa concludere che certamente il numero di vittime di questa odiosa , vile e abietta forma di omicidio sia molto più elevato rispetto a quello dei casi ufficialmente scoperti. Bene farebbero, quindi, le autorità preposte a predisporre autopsie sulle salme di quegli uomini sposati morti improvvisamente, forse nella maggioranza dei casi verrebbe confermata la morte naturale ma di sicuro si accerterebbero anche omicidi altrimenti non rilevabili.
Punto 7 - La violenza può essere avallata o indotta o stimolata tramite pressioni psicologiche o sentimentali, oppure intrighi, ricatti, ecc. convogliandola quindi dall'aggressore alla vittima. Molti uomini indotti emotivamente dalla loro partner (e talvolta anche ricattati di essere lasciati) commettono violenza su altri uomini, in nome di quella perversa e distorta concezione di "virilità" basata sulla "protezione e sicurezza" e che come è risaputo è una "qualità" richiesta da non poche donne (ecco perchè gli uomini bulli, maneschi e "capo-branco" sono pieni di donne, di sicuro hanno molto più successo con le donne rispetto ad uomini bonari o timidi ma molto più intelligenti). Ogni giorno vi sono migliaia e migliaia di uomini aggrediti da altri maschi sotto gli occhi compiacenti e istiganti delle fidanzate o mogli dell'aggressore, così orgogliose dei loro "cavalieri" che agiscono da capi branco. Come si vede, molte donne non hanno paura affatto di avere fidanzati o mariti violenti, anzi ne sono orgogliose spesso avallando e istigando le loro violenze contro altri uomini a patto però che non mettano le mani anche su di loro. Ciò non sminuisce, ovviamente, la responsabilità degli aggressori uomini in questa tipologia di violenza, però mette in evidenza una altra violenza che c'è dietro, cioè la violenza istigatrice.
Le donne, sempre pronte a usare il luogo comune "dietro un grande uomo, c'è una grande donna" per sminuire i meriti maschili appropriandosene slealmente, mai una volta si chiedono se è il caso di dire anche "dietro un uomo violento, c'è una donna violenta", perchè sarebbe troppo scomodo per la propaganda femminista, ma in taluni casi le violenze di uomini contro altri uomini avvengono secondo questa dinamica.. Esempi estremi sono di quei sovrani o capi di stato che pur non essendo stati crudeli, sono passati alla storia come crudeli in quanto manovrati da dietro le quinte dalle loro mogli, loro, sì, veramente crudeli. Si potrebbe citare il re Luigi XVI di Francia (manipolo di sua moglie Maria Antonietta), solo per fare un esempio.
Punto 8 - Non esiste solo la violenza fisica e tangibibile, penalmente perseguibile, diretta o indiretta che sia. La violenza è anche e soprattutto quella psicologica, sentimentale e morale che in quanto più subdola e meno tangibile si nota di meno e penalmente non è perseguita ma che spesso è molto più devastante della violenza fisica in quanto cagiona ferite interiori ed esistenziali talora difficilmente riemarginabili e che come tali possono distruggere una vita o comunque comprometterla gravemente nella qualità. Far soffrire una persona facendo del male ai suoi sentimenti, è la più classica, feroce e diffusa delle violenza psicologiche. In questi casi non si può addurre la maggiore fisicità maschile rispetto a quella femminile come scusa per monopolizzare le vittime di violenza al genere femminile, e quindi su questo genere di violenze le donne non sono carnefici da meno rispetto agli uomini, anzi lo sono di più. Spesso quando si fa presente questo aspetto della violenza psicologica, molte donne obiettano affermando che un conto è subire la cattiveria di una persona un altro conto è la violenza fisica e che a loro avviso subirebbero solo le donne.
Eppure le tante "statistiche" sulla violenza contro le donne comprendono anche una pretesa "violenza psicologica" (e che quindi contribuiscono notevolmente ad accresce le cifre), quindi se anche la violenza psicologica rientra nelle forme di violenze che le suddette "indagini" inseriscono nelle loro statistiche, allora ciò, per coerenza, dovrebbe valere anche per le violenze psicologiche che gli uomini subiscono dalle donne, ma come si sa, usare due pesi e due misure contraddistingue la propaganda femminista e l'atteggiamento di non poche donne quando devono esaltare il loro genere a discapito di quello maschile.
Se, poi, addirittura anche una semplice critica al modo di vestire o di cucinare rivolta da un uomo verso la moglie o la fidanzata viene catalogata da queste "ricerche" (in primis quella famosa dell' commissionata dal "Ministero delle Pari Opportunità" all'Istat) come "violenza" (psicologica), allora con questo criterio, gli uomini risultano le prime vittime di violenza psicologica in quanto le donne criticano gli uomini molto di più di quanto succede a parti invertite, e inoltre se aggiungiamo la tragica situazione dei padri separati (abbandonati dalle loro mogli spesso per motivi pretestuosi e defraudati di casa e averi, e molto spesso preclusi dalle ex di poter vedere i loro figli e talora rimanendo vittime di false accuse strumentali da parte delle ex mogli) la quale situazione ben si configura a tutti gli effetti come violenza psicologica e morale, abbiamo una riprova di come le maggiori vittime di questa tipologia di violenza siano gli uomini. Tra le vittime di violenza vanno aggiunte, quindi, anche le vittime di depressione o suicidio a seguito di una forte ingiustizia subita.

lunedì 26 novembre 2012

EX DIRETTRICE DI CENTRO ANTI-VIOLENZA: ECCO PERCHE' MI SONO DIMESSA



"Il centro non aiutava gli uomini vittime di violenza, anche quando subivano abusi simili a quelli subiti dalle donne; gli uomini venivano indirizzati alla locale stazione di polizia"
 
  
I centri anti-violenza sono circondati da un’ombra di segretezza. Abbiamo già pubblicato testimonianze di donne che rimpiangono di esserci andate, e bambini che rimpiangono di esserci stati portati. Ora la direttrice di uno di questi centri racconta che quando il centro è progressivamente caduto nel femminismo (lesbismo, aborto, immigrazione clandestina) ha preferito dimettersi.

L’intervista è tratta da MediaRadar, che informa che la signora ha chiesto l’anonimato temendo di poter subire ritorsioni personali:
Il centro non aiutava gli uomini vittime di violenza, anche quando subivano abusi simili a quelli subiti dalle donne; gli uomini venivano indirizzati alla locale stazione di polizia.
 
Il nostro personale era composto di una trentina di persone; avevamo un numero simile di volontarie, soprattutto donne con precedenti storie di abuso. A volte erano più un problema che un aiuto in quanto ancora coinvolte nei loro problemi personali. Non le pagavamo, ma il centro riceveva fondi per i loro servizi.
 
Si crede che le donne in un centro anti-violenza siano vittime di gravi abusi, sanguinanti e ammaccate. Da noi solo una donna su 10 aveva avuto problemi di violenza fisica.  
Una simile piccola frazione aveva subito minacce.
 
La grande maggioranza erano lì perché sostenevano di aver subito abusi verbali o psicologici. Non verificavamo le loro storie, credevamo a quello che dicevano. Senza dubbio alcune donne, molte sostenute dall’assistenza sociale, ingannavano il sistema per beneficiare dei molti servizi che offrivamo.
 
Quando iniziai a lavorare il centro rispondeva a standard professionali ed i servizi offerti erano valutati con regolarità. C’era un’atmosfera di altruismo, di aiutare vittime.
Ma con gli anni ho visto un grosso cambiamento.
 
Il centro è diventato più orientato ideologicamente. Abbiamo iniziato a sponsorizzare questioni lesbiche. Le residenti che aspettavano un bambino venivano edotte delle difficoltà ed incoraggiate ad abortire. Per accogliere immigrate illegali, smettemmo di richiedere documenti di identità. Ma a questo punto uno inizia a chiedersi con chi ha a che fare.
 
Il personale aumentò, ed aumentarono le loro enumerazioni. Calcolai che media erano assenti 60 giorni all’anno, fra vacanze, feste, malattie. Dopo un po’era impossibile avere un gruppo coeso.
 
I controlli diminuirono, il centro perse la sua attrattiva. C’era poca professionalità.
 
Fu a quel punto che mi dimisi.

PADRE CHIEDE AIUTO A CENTRO-ANTIVIOLENZA: DERISO E POI PUNITO

Alla fine il Tribunale affiderà i figli al padre, trovando che “i bambini sono vittima di violenza da parte della madre”, fra cui colpirne uno “con spatole e cucchiai, lasciando lividi”.
 
Ma, quando nella primavera 2007 i bambini iniziano a dire di voler evitare la madre per la propria sicurezza, il padre decide di fare i passi necessari: dopo aver informato la moglie che avrebbe lasciato la casa coniugale con i figli, contatta un centro anti-violenza implorando aiuto. Viene deriso. Di nascosto avevano già preso la donna sotto la loro ala, istruendola su come fare accuse di violenza domestica contro la vittima dei suoi continuati abusi.
 
Il 24 Aprile la coppia arriva alla rottura totale: la donna esce per strada, promettendo di uccidere i poliziotti ed accusando il marito di stupro e pedofilia.
 
Riguardo alla seconda accusa, il tribunale concluderà che “le accuse erano false e la signora lo sapeva. Ha mostrato capacità di fabbricare accuse”.
 
Sorprendentemente, l’accusa di stupro di una donna sgangherata viene considerata credibile. Il marito viene arrestato. Sapendo che il centro anti-violenza cerca fondi, la donna si permette di venir persuasa a fare luride accuse di violenza sessuale, vergognosamente amplificate dalla prosecutrice legale.
 
I fatti che la donna era un'abusatrice di bambini, che mancava qualunque conferma alle sue parole, che aveva rifiutato di sottoporsi ad esami medici volti a stabilire se era stata stuprata, che era probabilmente motivata dalla disputa per la custodia dei figli, che era nota ai vicini come “quella donna pazza”, non trattenne i media a caccia di sangue.
 
La prosecutrice tenne nascosti fatti chiave a discolpa, portando la Corte Suprema del Maine a punire la sua cattiva condotta ed ad annullare il processo (documenti legali; petizione per la radiazione della prosecutrice).


Estratto e tradotto da “Abuse shelter exploits mentally-ill woman to push political agenda”, a firma di C. Roberts

VIOLENZA SULLE DONNE: ALLARME SOCIALE GONFIATO PER OTTENERE VANTAGGI


C’è qualcosa da salvare nel femminismo, l’ideologia che si è appropriata dei centri anti-violenza? Questa vicenda suggerisce di no. Più di 30 associazioni femministe spagnole hanno ottenuto la censura di una informativa ufficiale firmata dalla Dott.ssa Tatiana Torrejón Cuéllar per il Consejo Económico y Social (CES) de la Comunidad de Madrid, un organo consultivo. Il titolo del documento ufficiale era “Tratamiento de la violencia de género en España y en la Comunidad de Madrid”.
 
Il contenuto viene così descritto nel corso di un dibattito televisivo sulle false denunce: “esponeva i meccanismi di frode stabiliti per incentivare le denuncie false”. Siamo riusciti ad averne una copia che pubblichiamo su questo link e ne traduciamo alcune frasi:
le cifre non sono tanto allarmanti come si pensava inizialmente. [...]
In questi ultimi anni le norme processuali sono state interpretate in un percorso favorevole alle vittime di violenza domestica, fra cui il riconoscere efficacia probatoria in giudizio ad una chiamata al 911. [...]
Le donne morte per violenza domestica sono in media il 5% del totale degli omicidi. Vediamo quindi che la percentuale è molto poco significativa rispetto al totale, pur producendo un grande allarme sociale. [...]
l’attenzione ed il trattamento che si è prestato a questo problema non è giustificata da un aumento significativo delle cifre rispetto al totale degli omicidi, ma piuttosto dall’allarme sociale causato dai mezzi di comunicazione e la consequente attenzione dei politici di turno. [...]
Le donne che denunciano il maltrattatore lo fanno perchè necessitano di mezzi di protezione contro future aggressioni e/o per beneficiarsi di alcuni dei privilegi che porta la legge. [...]
Questo può generare incentivi perversi: che le sedicenti vittime fingano di esserlo per beneficiare ad esempio di aiuti economici. [...]
Secondo la Legge di Protezione Integrale, la violenza di genere è una “manifestaione della discriminazione, della situazione di diseguaglianza e delle relazioni di potere degli uomini sopra le donne”, ed in base a questa considerazione soggettiva si sviluppa tutto il sistema delle politiche pubbliche: sfruttamento di prestazioni economiche, benefici sul lavoro, mezzi di tutela giudiziaria ed istituzionale. [...]
con gli aiuti pubblici si motivano le donne a preferire dirsi vittime di “violenza di genere” per ottenere tutti i benefici menzionati con sforzo minimo, piuttosto che a sforzarsi a conseguire un lavoro migliore, uno stipendio migliore, o migliori condizioni di lavoro. [...]
Occorrerebbe che le vie di accreditazione delle situazioni di violenza esercitate sulle lavoratrici siano concordanti e ratificate da una sentenza. Altrimenti si stanno dando incentivi affinché le donne (lavoratrici in proprio, dipendenti, funzionarie pubbliche e disoccupate) presentino denunce allo scopo di ottenere alcuni dei benefici menzionati.
In sostanza, l’informativa censurata riconosceva ufficialmente ciò che giornalisti e magistrati privatamente vanno pubblicamente denunciando e che era stato profeticamente previsto: una legge sessista che permette alle donne di proclamarsi vittima senza alcuna prova ottenendo vantaggi personali considerevoli ha portato ad una epidemia di denunce false, ed a gravi abusi contro uomini e bambini innocenti.

VIOLENZA FEMMINILE: I DATI VERI

 
 
Le stime proposte da diverse fonti sono fra di loro discordanti. Affrontiamo tale tema controverso e politicizzato, riportando solo i dati sicuri
 
 
  
 
CONTEGGIO DELLE DENUNCE
 
Un conteggio a tappeto delle denunce è stato effettuato nel 2006 nella provincia di Verona dall’Osservatorio Nazionale Violenza Domestica che ha adottato la seguente definizione di violenza domestica:
« Ogni forma di violenza fisica, psicologica o sessuale e riguarda tanto soggetti che hanno, hanno avuto o si propongono di avere una relazione intima di coppia, quanto soggetti che all’interno di un nucleo familiare più o meno allargato hanno relazioni di carattere parentale o affettivo. »
In tale lasso temporale è stato ritenuto vittima di violenza domestica lo 0.26% della popolazione. Le vittime sarebbero per il 64% femmine, per il 34% uomini, di cui il 71% italiani. Assunzione di alcol, “futili motivi” e problemi connessi alla separazione o alla rottura della coppia sono le motivazioni della condotta violenta maggiormente esplicitate. Per quanto riguarda le ipotesi di reato formulate in sede penale, lo 0.0018% della popolazione ha denunciato violenze sessuali e lo 0.017% della popolazione ha denunciato maltrattamenti in famiglia.
Occorre tuttavia segnalare che Carmen Pugliese, Pubblico Ministero specializzata in reati sessuali e familiari, ha dichiarato che l’80% delle denunce per maltrattamenti sono “querele enfatizzate e usate come ricatto nei confronti dei mariti durante la separazione”. Inoltre ci potrebbero essere maltrattamenti veri non denunciati.
 
OMICIDI
 
L’unico dato certo è quello relativo agli omicidi: vengono denunciati tutti, e nessuno finge il proprio omicidio. In Italia si verificano ogni anno circa 160 omicidi di donne (lo 0.0005% della popolazione) e 600 omicidi di uomini. Tenendo conto che ogni anno muoiono circa 270,000 donne, gli omicidi costituiscono quindi lo 0.06% delle cause di morte femminili, rischio pari a quello di venire investiti da un trattore. 100 di questi 160 omicidi annui appaiono attribuibili a violenza domestica. In Spagna, uno studio commissionato dal CES trova che “le donne morte per violenza domestica sono in media il 5% del totale degli omicidi”.

 

INDAGINI SULLA VIOLENZA DOMESTICA
 
Il problema della violenza domestica venne per la prima volta sollevato e studiato da Erin Pizzey, che fondò in Inghilterra il primo centro anti-violenza. Secondo le sue osservazioni, il 62% delle donne presentatisi come vittime di violenza sono in realtà donne “inclini alla violenza” piuttosto che “vittime involontarie ed innocenti della violenza del partner”. La prime analisi quantitativa ad ampio campionamento venne effettuata negli Stati Uniti da Straus e Gelles, trovando che episodi di seria violenza domestica sono commessi dal 4.6% delle mogli e dal 3.0% dei mariti. In Canada, le ricerche di Brinkerhoff e Lupri trovano che episodi di seria violenza domestica sono commessi dal 10.4% delle mogli e dal 4.7% dei mariti. Sono stati effettuati circa 300 altri studi che trovano risultati comparabili (si veda: Fiebert, Martin S. References Examining Assaults by Women on Their Spouses or Male Partners: An Annotated Bibliography. Pubblicato per la prima volta in Sexuality and Culture, 1997, 1, 273-286).
 
Riassumendo: circa una persona su dieci, donne e uomini in misura circa uguali, sono responsabili di violenza domestica.
 
Tale situazione è confermata dai dati italiani, dove il gruppo Facebook “No alla violenza sulle donne” ha nel 2011 chiesto ai suoi 260,000 iscritti “Avete subito nell’ultimo anno violenza fisica o sessuale?”. Le risposte positive sono state l’8.8% fra le donne ed il 9.1% fra gli uomini.
 
ITALIA PAESE PIÙ SICURO PER LE DONNE
 
L’Italia è uno dei paesi con minore incidenza di violenze sulle donne: riportiamo il confronto con altri paesi occidentali in merito a stupri ed omicidi:



VIOLENZA SUI BAMBINI



Per quanto riguarda la violenza sui bambini, le ricerche americane mostrano che è principalmente operata dalle madri (31.5% dei casi), da entrambi i genitori (21.3%), dalle madri ed altri (16.3%), dai padri (10.7%). La figura è tratta dal National Child Abuse and Neglect Data System, ed altre ricerche trovano risultati simili.


Fonte: http://www.comunicazionedigenere.com/2010/09/18/violenza-donne-dati-veri/

1522 PER LO STALKING MA NON QUANDO LA VITTIMA E' UN UOMO

Un papà nel 2007 chiede aiuto telefonando ad un centro anti-violenza, raccontando di subire violenze dalla moglie. RIFIUTATO. Aggiunge che ha subito tentati omicidi, che è preoccupato per i bambini, ci sono seri problemi, la moglie minaccia di buttarsi giù con la bambina. RIFIUTATO. Nessun aiuto per uomini e bambini. Solo per le donne. Tenta a tre numeri diversi, e la risposta è sempre la stessa. RIFIUTATO. Con la beffa finale: “sua moglie potrebbe chiamarci, lei no”. (Link al filmato). 
 
2010:  una donna del programma televisivo Le Iene telefona al numero anti-stalking 1522, pagato con i soldi di tutti dalle Pari Opportunità, e le viene offerta anche assistenza legale. Quando invece e' un uomo a telefonare allo stesso numero: nessun aiuto. RIFIUTATO in quanto l'assistenza e' per le donne.
 
Le Iene riescono a parlare con l'ormai Ex Ministra delle Pari Opportunità, Mara Carfagna, che riesce a mettere in riga le telefoniste (guarda video in basso).
 
 
Ma, temiamo, misura di facciata. Il vero problema è dietro le quinte, e l’unica soluzione sarà evitare che le femministe gestiscano la res publica. Da più parti viene chiesto che i centri anti-violenza femministi vengano rimpiazzati con centri pubblici gestiti da donne e uomini che collaborino per il bene di tutti, così come proposto dalla loro fondatrice Erin Pizzey e dal prof. Amendt, così come si fa in tutti gli altri campi, senza distinzione di genere ed etnia.
 
In Italia, la strada e' ancora tanta da fare. A partire dal nome di un Ministero i cui programmi non operano in nome del nome che porta.