Marco aveva 12 anni quando si era gia’ trovato in ospedale per 2 volte: un anno fa’ per appendicite e 2 anni fa’ per avvelenamento da funghi. Sebbene gli eventi avessero scosso la sua famiglia, lui non sembrava averne risentito. Era un bambino estroverso che andava bene a scuola. Passata la scuola media, si era poi iscritto alla scuola superiore non per vocazione ma per convenienza visto che poteva andarci a piedi ogni mattina. Aveva molte materie da studiare e la classe era molto numerosa, cosa che non facilitava i metodi di apprendimento. E’ proprio durante questi 5 anni di scuola che Marco subisce silenziosamente quella che sara’ la piu’ grande trasformazione nella mente di un’adolescente che si appresta a prendere il diploma di maturita’ con un enorme peso psicologico. La concatenazione di tanti fattori, lo renderanno un ragazzo segnato per tutta la vita.
Per tanti adolescenti, la buona riuscita o meno nello studio riflette una situazione all’interno della famiglia. Essere rimandati o bocciati e’ la conseguenza di una condizione familiare dove l’adolescente non si trova per svariate ragioni. A Marco non gli andava piu’ che avesse solo una camera come luogo privato. Non aveva un soggiorno, un tinello o comunque un’abitazione come i propri coetanei dove potesse respirare un proprio nucleo familiare, un’area privata off-limit per gli sconosciuti. Invece proprio gli sconosciuti hanno la priorita’ di girare poiche’ sono loro che lasciano i soldi.
Stanco dopo tante ore di lezione ed interrogazioni, Marco torna a casa da scuola varcando la soglia di quella che lui vorrebbe come la sua casa dove potersi togliere le scarpe girando in pantofole, buttarsi sul divano accendendo la TV e magari pranzare con i genitori. Aprendo la porta invece, trova diversi sconosciuti. Non c’e’ il divano e la TV e’ gia’ sintonizzata sul telegiornale ai cui clienti del bar non si puo’ negare. La fame si fa’ sentire e facendosi vedere alla madre presa tra i fornelli in cucina, se gli va’ bene avra’ il suo pranzo da mangiarsi da solo, se invece la cucina e’ gia’ intasata di ordini dal ristorante, allora Marco dovra’ aspettare magari incrociando il proprio padre il quale non gli chiede com’e’ andata a scuola ma bensi’ di farsi su’ le maniche che c’e’ lavoro anche per lui.
Marco vive questa situazione ogni giorno come una privazione del proprio spazio, di quell’intimita’ particolare che solo un nucleo familiare sano e normale puo’ creare. La scuola gli pesa davvero tanto. Le materie pesano come un macigno e pertanto costituiscono per lui un motivo di costante preoccupazione per non essere rimandato o bocciato. Ad aggravare cio’, ci si mette la paura di perdere il luogo dove vive. Di essere tutti buttati fuori dalla sentenza finale di una causa di sfratto decennale dove c’e’ in gioco casa e attivita’ della famiglia. I genitori non solo non capiscono Marco ma proprio perche’ non ne hanno la capacita’ spesso la miglior scusa della madre sembra essere “ma di che cosa ti lamenti. Ce ne sono tanti di bambini nelle tue condizioni”. “Bella risposta, perfetta per chi si vuole lavare la propria coscienza” pensava Marco il quale oramai non vede piu’ la famiglia come un punto di riferimento, pensando e ripensando alle cazzate combinate dai propri genitori sempre intenti a rinfacciarsi le colpe reciprocamente piuttosto che comportarsi da persone mature per il bene della famiglia. I genitori avevano comprato un bell’appartamento in uno dei condomini piu’ belli del paese e Marco sognava giorno e notte di poterci andare ad abitare. La beffa che non aveva mai perdonato ai genitori era stata non solo il non averlo mai abitato quanto piuttosto l’averlo venduto per mettere il ricavato in quel pozzo senza fondo che era una causa legale con tutto l’interesse degli avvocati a prolungarla il piu’ possibile per mangiarci sopra. “Persino un bambino capisce che un’appartamento e’ una garanzia nel futuro sia nell’abitarlo che nel darlo in affitto. Solo i miei non lo hanno capito” questo e’ cio’ che pensava Marco.
Il suo carattere era passato dall’estroverso all’introverso a causa di quel disagio che ha le sue radici nella mancanza dei suoi genitori ad ascoltare le sue necessita’, al non sentirsi al pari dei suoi compagni di classe, alla mancanza del ruolo guida parentale nel contesto di un’esercizio pubblico adibito a casa dove sin da bambino erano piu’ le ore passate in compagnia di sconosciuti alcuni dei quali molestatori che quelle con i propri genitori. Quella che nell’apparenza sembrava una normale famiglia benestante, in realta’ nascondeva profonde inquietudini: litigi in pubblico, incomprensioni, mancanza di rapporto, impossibilita’ di sentirsi a casa propria. La madre aveva gia’ da tempo manifestato segnali di squilibrio tanto da necessitare le cure di uno psicoanalista mentre la manifesta simpatia del padre veniva offuscata dalla sua superficialita’, arroganza ed il vizio di fumare e bere. Marco poi aveva un fratello di 5 anni piu’ grande con il quale non aveva comunicazione per svariati motivi e lo stesso accadeva tra il fratello ed i genitori. C’erano tutti gli ingredienti per implodere se non fosse stato per la determinazione della madre la quale faceva ancora da perno. Marco era diventato l’unico riferimento della madre assieme al lavoro di cuoca tanto che la donna riversava su di lui tutto quanto, anche gli sfoghi di cose private tra lei ed il padre. Fragile primogenita di una famiglia di 4 persone, a 20 anni Anna conosce il suo futuro marito rimanendo incinta quasi subito e dopo 6 mesi si sposa. A 30 anni, lei assieme al marito si impegnano nella gestione di un pubblico esercizio lontano dalla loro terra d'origine e gia' sono entrambi senza i genitori i quali avrebbero sicuramente costituito un sostegno non indifferente per una famiglia di 4 persone tra cui 2 bambini.
I frequenti litigi con il marito, il mancato rapporto con il primogenito e la mancanza di sfoghi o amiche da frequentare fanno si’ che il secondogenito Marco diventi vittima inconsapevole dell’attenzione morbosa che la madre Anna gli dedica non tanto come educatrice quanto da valvola di sfogo per lei e con cio’, dato che la presenza del padre come educatore e' pressoche’ inesistente, la mente di Marco assorbe gli stati emozionali della mente fragile della madre sin da piccolo. Da spiritoso ed irascibile, Marco diventa un ragazzino taciturno piuttosto complessato e sensibile. Durante la crescita, cio’ ha determinato l’incapacita’ del ragazzo di relazionarsi con i suoi coetanei chiudendosi sempre di piu’ al mondo esterno ripiegandosi nei social-network oramai diventati un mondo parallelo per lui. La rete gli consentiva di mettersi in contatto con tante persone senza che le sue debolezze venissero esposte. Cosi’ facendo, pregiudicava la capacita’ di socializzazione nella vita reale che avrebbe compromesso non solo i rapporti con i suoi coetanei ma anche quelli con i futuri colleghi di lavoro e, manco a dirlo, il buon esito di una relazione sentimentale.
Compiuti i 20 anni, non aveva mai avuto una fidanzatina, mai baciato una donna. Le occasioni gli si erano presentate ma la timidezza aveva avuto il sopravvento. Cosi’ il mondo di facebook sembrava compensare le sue lacune: una foto ben fatta con tanto di pettorali messi in mostra in palestra, una ad un party tra amici, un’altra con in braccio un cagnolino. Quale fanciulla non avrebbe accettato la richiesta di amicizia di un giovane carino, tenero e sorridente ? In questo mondo parallelo, Marco fa’ amicizia con Valentina, ragazza appena 18enne la quale crede di aver conosciuto un ragazzo di 20 anni quando invece ne ha 23. Non gli andava di dichiarare la sua vera eta’ poiche’ pensava che le ragazzine lo escludessero a prescindere, un’altro complesso che si era creato nella sua mente.
Dopo qualche scambio di messaggi, Valentina accetta di incontrarsi con Marco di persona. Inizia cosi’ una relazione che per Valentina, ragazza spensierata e socievole, altro non e’ che un’esperienza naturale di gioventu’ mentre per Marco, chiuso e non cosi’ socievole, quella relazione significa la conquista di una ragazza carina a cui sembra ruotare tutto il suo mondo visto che nel quartiere dove abitava la gente non lo vedeva mai uscire assieme ad altre persone. Mai in compagnia di amici. A solitudine ed introversione, si era aggiunta anche la gelosia. Valentina era all’ultimo anno del Liceo Scientifico e Marco diverse volte si era dimostrato insofferente quando lei gli diceva che andava a fare i compiti a casa di compagni di scuola. Marco faceva il tornitore dopo aver fatto diversi lavori tra cui il barista. Il gestore del bar diceva che aveva manifestato dei comportamenti strani tipo improvvisi raptus di collera per motivi banali.
E’ in questo contesto di gelosia, introversione ed alienazione che Valentina si stufa manifestando la volonta’ di rompere la relazione cosa che Marco non accetta. Lui la tempesta di messaggi, la chiama al pomeriggio mentre sta facendo i compiti con i suoi compagni di classe, la segue di nascosto quando esce di casa per vedere dove va’ e con chi si incontra. “Io ti amo, ti amo tanto che potrei morire per te” queste erano le parole che le aveva detto, aggiungendo che per lei avrebbe fatto qualsiasi cosa, anche uccidere se fosse stato necessario. Valentina all’inizio non ci faceva caso, pensava fosse la sbroccata di un compagno protettivo ma poi quelle parole hanno iniziato ad avere per lei un sapore inquietante. Lo aveva detto alle amiche le quali le avevano consigliato di troncare di brutto evitando ogni contatto. Valentina lo aveva fatto ma lui si piazzava sotto il suo appartamento aspettandola per ore. La ragazza si era rivolta alla polizia ma senza esporre denuncia: voleva risolvere la questione senza che Marco avesse problemi con la giustizia. Mai avrebbe pensato che questo errore lo avrebbe pagato per tutta la vita.
Erano le 14:30 di Sabato pomeriggio. Nell’androne a pianterreno del condominio Cairoli a Palermo, una figura si aggira con un senso irrequieto. Pochi metri piu’ in la’, Valentina sta rincasando a piedi assieme alla sorella Stefania di 17 anni. Suonano al citofono e la madre apre la porta. Appena entrate nell’androne, la figura irrequieta si scaglia contro Valentina infierendole 2 coltellate. La sorella Stefania d’istinto si butta tra l’uomo e la sorella per farle da scudo diventando cosi’ il bersaglio delle 14 coltellate. Con Stefania che stramazza al suolo in un bagno di sangue, la furia omicida dell’uomo si avventa contro Valentina che viene pugnalata diverse volte fino a quando qualcuno riesce ad intervenire richiamato dalle urla delle ragazze disarmando e bloccando l’uomo.
Con Stefania morta dissanguata e Valentina in ospedale che lotta tra la vita e la morte, Marco compie cosi’ cio’ che aveva dichiarato e cioe’ “.. per te sarei disposto ad uccidere…”.
Gia’, quelle parole risuonano come una beffa. La beffa di chi le ha interpretate come se volesse proteggerla a tutti i costi.
Ora e solo ora si capisce il vero significato di quella frase: “tu mi appartieni e ammazzero’ chiunque ci vuole dividere. Se decidi di non essere piu’ mia, allora non sarai di nessun altro”.
R.I.P. Stefania